Cultura Generale

UMANESIMO ECONOMICO... la via di mezzo tra Capitalismo e Socialismo.

Tutti ci stiamo accorgendo cosa vuol dire avere un sistema economico fondato sul capitalismo liberista, e già, non bastava la parola capitalismo che ad essa si è aggiunta anche la parola liberista.

In un sistema economico liberista, tutta l’importanza viene data al profitto, l’imprenditore mette a disposizione un capitale per fare impresa, questo capitale deve produrre profitto anche a scapito delle regole e dei diritti dei prestatori di manodopera, dei lavoratori insomma. Il capitalismo che all’inizio sembrava funzionasse bene perché oltre a produrre il famoso profitto, rispettava anche i diritti dei lavoratori, come l’orario di lavoro, gli indennizzi, le ferie, la paga oraria etc.

Il problema nasce però quando il capitalismo si trasforma in liberismo sfrenato, questo sistema poggia le basi per la crescita della produzione e quindi del profitto, non più sul capitale messo a disposizione dall’imprenditore, ma sul taglio dei diritti dei lavoratori e sul loro salario. Badate bene che questo modo di agire non è colpa dell’imprenditore che deve fare il suo lavoro, ma della classe politica che gli fornisce gli strumenti per tagliare tali diritti.

Allora se il liberismo non va bene direte voi, è meglio forse il socialismo dove tutti sono padroni e nessuno è lavoratore? No, tra questi due sistemi c’è una sorta di via di mezzo, che prende un po’ dal capitalismo e un po’ dal socialismo, si chiama la “terza via” di Wilhelm Röpke, un importante economista Svizzero.

Impossibile da farsi direte voi, allora tutti avrebbero scelto questo sistema economico se fosse cosi congeniale ad una corretta relazione tra capitale e salario, pensate male invece perché la politica che ci governa e che noi manteniamo con le tasse, non governa più per il cittadino ma per le grandi multinazionali del profitto come specificato sotto.

Buona lettura.

Con la “terza via” Röpke struttura un umanesimo economico liberale e mette in evidenza tre principi cardine: il principio di individualità che conduce all’idea liberale della libertà individuale; il principio di solidarietà che si riferisce all’idea che ogni individuo si inserisce in una società interdipendente; il principio di sussidiarietà come regola-istituzione che mette in relazione individualità e solidarietà. La regolazione da parte dello Stato deve assicurare i diritti individuali e garantire agli individui l’assoluta priorità. La leva preme sulla “responsabilità individuale” e tutto ciò che può essere fatto da un individuo deve essere fatto da lui e non dallo Stato, che nel pensiero di Röpke è uno “Stato decentrato”: “Dal singolo individuo fino al centro statale, il diritto originario è sul singolo gradino più basso e ogni gradino superiore subentra soltanto come sussidio al posto di quello immediatamente più basso quando un compito esorbita dal territorio di quest’ultimo. Ne risulta una gradinata dall’individuo attraverso la famiglia e il comune alla provincia e infine allo stato centrale, una scala che delimita lo Stato stesso e gli contrappone il diritto proprio dei gradini con la loro inviolabile zona di libertà”.

L’Umanesimo di Röpke individua le basi indispensabili di un sistema economico sano, annoverando la libertà del singolo individuo, l’iniziativa individuale (o privata), la libera concorrenza e il libero scambio. La libertà economica e l’economia di mercato esigono però l’attenzione della sfera etica e un’intelligenza morale che allontani da un laissez-faire selvaggio. Nel contempo, Röpke non concepisce un welfare eccessivo, in cui le politiche sociali bloccano o limitano i processi di un libero mercato.

Tratto da: http://www.rivoluzione-liberale.

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2 Replies to “Cultura Generale”

  1. Parole sante.
    Ormai il liberismo sfrenato ci siamo accorti che sta solo generando povertà e frizioni sociali. Non solo le classi dirigenti (politiche, economiche, imprenditoriali) stanno tutte remando nella stessa direzione (potere al denaro, alle banche, alle multinazionali) ma anche i sindacati si dimostrano sprovveduti, barattando per poche lenticchie i diritti acquisiti in decenni di battaglie sociali.
    Lo stipendio perde potere d’acquisto in modo pericolosissimo, i nuovi contratti di assunzione solo solo un vantaggio per il datore di lavoro, al punto che lo stipendio debba apparire quasi un “regalo” per il dipendente, e non un equo compenso per il lavoro svolto.
    L’unico dato positivo è che tutto ciò non può durare per sempre: prima o poi una rivolta sociale nascerà certamente, perché prima o poi la classe media (la più penalizzata) non potrà più andare avanti.

    Piace a 1 persona

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